
L’Intelligenza Artificiale ci porterà via la musica?
Marco Camisani Calzolari, esperto di innovazione digitale, ha recentemente lanciato un allarme sul futuro della musica nell’era dell’intelligenza artificiale. In un post sui social ha scritto: “Situazione preoccupante. Ogni giorno vengono creati ventimila nuovi brani da intelligenze artificiali. Si tratta di un numero significativo: secondo Deezer, il 18% della musica caricata sulla piattaforma è ormai frutto esclusivo di algoritmi. Non è solo una questione tecnica, ma un problema culturale: se la musica si riduce a semplice rumore prodotto da macchine, rischiamo di perdere il valore autentico della creatività umana. La musica non è fatta solo di note, ma anche di storie, emozioni e persone reali. Se permettiamo all’IA di prevalere, il nostro patrimonio musicale rischia di impoverirsi. Già ora le piattaforme sono invase da brani impersonali e senz’anima, tanto che Deezer è costretta a utilizzare altri algoritmi per individuarli e bloccarli. È una battaglia tra macchine, mentre noi rischiamo di assistere passivamente alla lenta agonia della cultura musicale.”
Le riflessioni di Camisani Calzolari mettono in evidenza una questione cruciale: l’intelligenza artificiale, capace di generare migliaia di nuovi brani ogni giorno, sta cambiando rapidamente il mondo della musica. Ma si tratta davvero della fine della creatività umana, o di un’ennesima trasformazione tecnologica che, come altre in passato, porta con sé opportunità e sfide?
Un Déjà Vu storico?
Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre suscitato timori. Quando vennero introdotte le macchine tessili, si temeva per la sopravvivenza dell’artigianato; l’arrivo delle automobili mise in crisi i cocchieri; e con i computer sembrava che interi settori lavorativi fossero destinati a scomparire. Tuttavia, ogni volta la tecnologia non si è limitata a distruggere: ha anche generato nuovi mestieri, nuove forme d’arte e nuovi settori economici. Anche la musica ha vissuto trasformazioni simili: strumenti come i sintetizzatori, inizialmente visti come una minaccia, hanno poi dato vita a nuovi generi musicali come l’elettronica e l’hip-hop. L’intelligenza artificiale potrebbe seguire un percorso analogo, ma è importante non sottovalutare le preoccupazioni culturali sollevate da Camisani Calzolari.
Il pericolo di una musica privata di emozioni
La musica è molto più di una sequenza di suoni: è una forma di comunicazione emotiva e identitaria. Un brano generato da un algoritmo può essere impeccabile sotto il profilo tecnico, ma spesso manca di quell’intensità emotiva che rende una canzone indimenticabile. Con una quota del 18% dei contenuti su Deezer generata da IA, c’è il rischio che la musica si trasformi in un sottofondo impersonale, come sottolinea Calzolari. Le principali piattaforme musicali, tra cui Spotify e Deezer, stanno già affrontando l’ondata di contenuti artificiali, tanto da dover impiegare intelligenze artificiali per filtrare e arginare il fenomeno. È un ciclo in cui macchine producono e macchine giudicano, mentre gli esseri umani rischiano di ridursi a semplici spettatori.
Questo scenario solleva una questione fondamentale: se la musica diventa un prodotto standardizzato creato per soddisfare algoritmi di raccomandazione, cosa ne sarà della sua capacità di esprimere l’essenza umana? Si rischia un appiattimento culturale e musicale, popolato da canzoni anonime e senz’anima.
Quali opportunità per chi usa l’AI?
Nonostante i rischi, l’intelligenza artificiale offre anche nuove possibilità. Come è successo con le rivoluzioni tecnologiche precedenti, sta già dando vita a nuove forme di espressione. Alcuni artisti, come Holly Herndon e Arca, utilizzano l’IA come uno strumento creativo, capace di amplificare la loro arte, non di sostituirla. L’IA può democratizzare l’accesso alla produzione musicale, permettendo anche a chi non dispone di risorse elevate di realizzare brani di qualità. Inoltre, stanno emergendo nuove figure professionali: addestratori di modelli, curatori musicali umani, e ingegneri specializzati nell’indirizzare le IA verso risultati artistici coerenti.
Si può pensare a come il campionamento negli anni ’80 rivoluzionò la musica rap e pop: un’innovazione inizialmente vista con diffidenza che si trasformò in una nuova arte. L’IA potrebbe avere un impatto simile, favorendo la nascita di generi e stili ancora sconosciuti. Tuttavia, tutto dipenderà da come sapremo usarla: la tecnologia deve essere uno strumento nelle mani degli artisti, non un sostituto dell’artista stesso.
Come Proteggere la Creatività Umana
Il vero rischio non sta nell’intelligenza artificiale in sé, ma in un atteggiamento passivo che potrebbe accettare una cultura musicale standardizzata, in cui prevalgono la quantità e l’efficienza a scapito della profondità e dell’autenticità. Per evitarlo, occorre agire su più livelli. Le piattaforme dovrebbero impegnarsi a sostenere e promuovere la musica autentica e creativa, limitando la diffusione di contenuti anonimi. Anche gli ascoltatori hanno un ruolo importante: cercare attivamente musica genuina e sostenere gli artisti indipendenti. E naturalmente, i musicisti devono continuare a raccontare storie vere, che nessun algoritmo potrà mai replicare.
La tecnologia non è un destino inevitabile, ma uno strumento che possiamo indirizzare. Come ammonisce Camisani Calzolari, il rischio di diventare spettatori passivi di una cultura in declino è concreto, ma non ineluttabile. La musica ha sempre saputo evolversi e sopravvivere a ogni cambiamento, e sarà nostra responsabilità far sì che anche questa volta riesca a farlo.
- Posted by Redazione Biportal
- On 28 Aprile 2025