
Dazi di Trump: quali i settori più colpiti in Italia
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inaugurato una nuova stagione di politiche protezionistiche, prospettando dazi del 25% sulle merci provenienti da Canada e Messico e del 10% su quelle dalla Cina. Tuttavia, la minaccia più recente riguarda l’Europa, con Trump che ha annunciato l’intenzione di estendere tariffe anche ai prodotti dell’Unione Europea, Italia inclusa, nel prossimo futuro. Per un paese come il nostro, che nel 2024 ha esportato beni per circa 65 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, tali misure rappresentano una sfida significativa. Ma quali saranno i settori italiani più colpiti da questa guerra commerciale? Analizziamo i dati e gli scenari possibili.
L’Export italiano verso gli USA: una panoramica
Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato extra-UE per l’export italiano, con una quota del 22,2% delle vendite al di fuori dell’Unione Europea, rispetto a una media UE del 19,7%. Nel 2023, il valore delle esportazioni italiane verso gli USA ha raggiunto i 67,2 miliardi di euro, con un surplus commerciale di quasi 39 miliardi. Questa profonda integrazione economica rende l’Italia particolarmente vulnerabile a eventuali barriere tariffarie. I comparti più esposti sono quelli che combinano un’elevata dipendenza dal mercato statunitense con una forte specializzazione produttiva: meccanica, farmaceutica, automotive, agroalimentare e moda.
I settori più a rischio
1. Meccanica e Macchinari
Il settore della produzione di macchinari e apparecchiature è il primo esportatore italiano verso gli Stati Uniti, con 12,4 miliardi di euro di merci vendute nel 2023. Si tratta di beni ad alta intensità tecnologica, come impianti industriali e macchinari specializzati, che finora hanno beneficiato di una relativa esenzione dai dazi per la loro importanza nelle filiere produttive americane. Tuttavia, un aumento tariffario generalizzato al 25% potrebbe ridurre la competitività di questi prodotti, costringendo le imprese italiane a scegliere tra assorbire i costi (riducendo i margini di profitto) o trasferirli ai consumatori americani, con il rischio di perdere quote di mercato.
2. Farmaceutica
Con 8 miliardi di euro di esportazioni nel 2023, il settore farmaceutico è un altro pilastro dell’export italiano verso gli USA. Questo comparto è particolarmente dipendente dal mercato statunitense, che assorbe il 38,6% delle sue vendite extra-UE. I dazi potrebbero incidere su medicinali, principi attivi e dispositivi medici, con un impatto diretto sui costi per il sistema sanitario americano e, indirettamente, sulle imprese italiane. Secondo il Centro Studi Confindustria, un dazio del 10% potrebbe ridurre le esportazioni farmaceutiche italiane del 13,6%, un colpo significativo per un settore strategico.
3. Automotive
Il settore automobilistico e dei mezzi di trasporto (inclusi autoveicoli e altre categorie come la cantieristica navale) ha esportato 5,8 miliardi di euro di merci verso gli USA nel 2023, con un’esposizione del 30,7% al mercato americano. Aziende come Stellantis, con stabilimenti in Italia e Messico, potrebbero subire una doppia penalizzazione: i dazi su Messico e Canada già in vigore e quelli futuri sull’Europa. Inoltre, il comparto delle auto elettriche, già sotto pressione per la competizione con la Cina, potrebbe vedere un calo della domanda statunitense, con una perdita stimata del 10% delle esportazioni in caso di tariffe al 20%.
4. Agroalimentare
L’agroalimentare Made in Italy, sinonimo di eccellenza, ha esportato 4 miliardi di euro di prodotti negli USA nel 2023, con bevande (soprattutto vini) al 39% dell’export extra-UE. Formaggi, olio d’oliva, pasta e vini sono tra i beni più a rischio. Durante il primo mandato di Trump, nel 2019, i dazi su prodotti agroalimentari italiani come il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano hanno già causato perdite significative. Oggi, un dazio del 25% potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi per i consumatori americani fino a 2 miliardi di euro, secondo Coldiretti, e in una riduzione delle esportazioni del 16,4%, colpendo soprattutto le regioni meridionali, dove l’agrifood pesa per il 22,6% dell’export verso gli USA.
5. Moda e Manifattura
Il sistema moda (abbigliamento, pelli, calzature, gioielleria) e altri manufatti (mobili, ceramica) rappresentano un altro tassello fondamentale, con 5,1 miliardi di euro di esportazioni nel 2023 per la moda e 3,8 miliardi per altra manifattura. Questi settori, che incarnano il prestigio del Made in Italy, potrebbero subire un duro colpo: un aumento dei prezzi al dettaglio negli USA rischierebbe di ridurre la domanda, soprattutto per beni considerati non essenziali. Federvini, ad esempio, ha stimato perdite di 1 miliardo di euro solo per vini e liquori.
Impatti economici e regionali
Secondo stime di Prometeia, i dazi al 10% potrebbero costare all’Italia tra 4 e 7 miliardi di dollari annui, mentre scenari più pessimistici (tariffe al 20%) parlano di perdite fino a 10 miliardi di euro. Svimez prevede un impatto sul PIL tra 3,8 e 5,8 miliardi di euro, con 53.000 posti di lavoro a rischio. Le regioni più esposte sono Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lazio, poli manifatturieri del nord, ma anche il Mezzogiorno, dove automotive, agroalimentare e farmaceutica hanno un peso rilevante.
Le Contromosse dell’UE e il Ruolo dell’Italia
L’Unione Europea sta preparando una risposta, con Bruxelles che valuta controdazi su prodotti americani come cosmetici, succhi d’arancia e tabacco, che potrebbero colpire i consumatori italiani con prezzi più alti. L’Italia, grazie ai rapporti privilegiati della premier Giorgia Meloni con Trump, potrebbe giocare un ruolo di mediatrice, cercando deroghe o proponendo accordi bilaterali, come aumenti degli acquisti di gas naturale USA per bilanciare la bilancia commerciale. Tuttavia, i negoziati si svolgono a livello UE, limitando la discrezionalità italiana.
- Posted by Redazione Biportal
- On 1 Marzo 2025